Autore: Cristiano Pedrini Genere: Romance MM Formato cartaceo 14×21 Formato ebook: epub/mobi e pdf Pagine 176 Pubblicato con Youcanprint ISBN: Prossimamente Prezzo di copertina: Ebook € 2,99 Cartaceo: € 14,00
Thacher Island è solo un piccolo lembo di terra al largo delle coste del Massachusetts, ma per Justin Conwell è forse l’ultimo luogo in cui sentirsi al sicuro. Schierandosi contro suo padre, ha fatto crollare il suo impero finanziario fondato sulla corruzione, condannandosi a vivere nascosto, protetto dal Governo. Agli occhi di Braden McCoy, Justin non è il solito testimone da proteggere, ha accettato una missione rischiosa e dall’esito imprevedibile, eppure è deciso a fare in modo che il soggiorno sull’isola per il giovane, sia il più possibile gradevole. Quando un ragazzo di nome Daryl compare dal nulla ed inizia a stringere amicizia con Justin, Braden si trova di fronte ad una scelta che appare semplice e logica: separarli e fare in modo che nulla possa mettere in pericolo la vita del suo protetto, ma è davvero la decisione più giusta? Daryl sembra sapere più di quel che lascia intendere, ma è il suo rapporto con l’oceano che circonda Thacher Island ad instillare in Justin il desiderio di scoprire tutto di lui, a costo di svelare il suo passato.
Autore: Cristiano Pedrini Genere: Narrativa Formato cartaceo 14×21 Formato ebook: epub/mobi e pdf Pagine 215 Pubblicato con Youcanprint ISBN: Prossimamente Prezzo di copertina: Ebook € 2,99 Cartaceo: € 18,00
Sainte-Eulalie appariva come lo rivedeva nei suoi pensieri, avvolto in quella lieve foschia che nascondeva le sue dolci colline, come se la mano dell’Onnipotente volesse celarne una parte, timoroso che l’uomo potesse intaccarne la bellezza. Agli occhi di René quel mondo era un piccolo capolavoro che sentiva come la sua vera e sola casa.
René Fontaine ritorna al villaggio di Sainte-Eulalie per iniziare una nuova vita accanto al suo amato Maxime. L’annuncio del loro fidanzamento rende tutti gli abitanti euforici, ma l’arrivo di Jacques Labordè, eminente studioso dell’Università di Arles, convinto che il piccolo bordo di Leman, da tempo ritenuto disabitato, celi un tesoro riconducibile al cardinale Richelieu, costringe Renè a cambiare i suoi programmi. L’incontro con gli unici due abitanti di Leman, il vecchio Jules e il nipotino Sebastien, è una sorpresa che rafforza la convinzione di René ad opporsi ad ogni tentativo di Leman di sfruttare gli esiti della sua ricerca per stravolgere l’esistenza del borgo. La presenza del piccolo Sebastien, con la sua carica di vivacità, incuterà in René un desiderio capace di bruciare molte tappe della vita che si immagina accanto al compagno, ma sa di non essere solo, la presenza della sua amata quercia, dove venne ritrovato, ancora in fasce, dalle suore dell’abbazia di Saint-René d’Angers, e le fugaci apparizioni del misterioso lupo che ha chiamato Buck, e lo accompagna nel suo viaggio alla scoperta dei misteri di Leman, lo aiuteranno a non perdere di vista suoi valori e le sue convinzioni.
Estratto dal Capitolo Primo René sfiorò con la mano la corteccia della sua quercia, un timido contatto per farle sapere della propria presenza. Alzando lo sguardo, si ritrovò a contemplarne le fronde simili a un’immensa corona, come se la quercia volesse ricordargli di essere la sola regina della sua vita. E ora, davanti a lei aveva deciso di compiere quel passo così importante. Nei giorni passati si era domandato più volte se non avesse corso troppo, se quella decisione non fosse stata solo il frutto del suo affrettato desiderio di rafforzare tutto ciò che aveva voluto crearsi a Sainte-Eulalie. “Eccomi qui”, pensò, accarezzando il tronco del vecchio albero. “Sei felice che io ti voglia accanto a me in questo giorno?” La mano di Maxime si posò sulla sua, stringendogliela. I loro sguardi si incontrarono, sancendo, con il semplice silenzio, di essere pronti. «Vogliamo andare? Tutti ci stanno aspettando», gli sussurrò, baciandolo sulle labbra. Sainte-Eulalie era sempre come lo rivedeva nei suoi pensieri, avvolto in quella lieve foschia che nascondeva le sue dolci colline, come se la mano dell’Onnipotente volesse celarne una parte per il timore che l’uomo potesse intaccarne la bellezza. Agli occhi di René quel mondo era un piccolo capolavoro che sentiva come la sua vera e sola casa. Si voltò a osservare Maxime che, alla guida della sua vecchia Land Rover, proseguiva lungo la strada che portava al borgo di Saint Jeanne. Erano trascorsi due mesi dalla sua ultima visita e il ragazzo non vedeva l’ora di ritornarci. Tutto era accaduto così velocemente che ancora si chiedeva se non avesse dimenticato qualcosa. «Di solito sei meno silenzioso», osservò Maxime girandosi verso il ragazzo e incontrandone il sorriso imbarazzato. «Il viaggio non è andato bene?» «Oh no, tutto perfetto, è solo che pensavo alla nostra festa. Sei sicuro di volerla? Io non…» Maxime scosse il capo, tornando a fissare la strada. «Ammetto che non avrei mai pensato a qualcosa del genere. Per la verità, non riuscivo neppure a immaginarmi accanto a una persona come te. Ogni tanto una vocina cerca di dissuadermi dal credere che tutto questo sia reale.» «Per favore, ferma la macchina!» La reazione di René sorprese Maxime, che rallentò il fuoristrada fino a fermarsi sul ciglio della strada. Spense il motore e battendo le dita sul volante assentì. «Bene, e ora?» René si sporse verso di lui e allungò la mano per voltargli il viso. «So che restarmi vicino non è sempre facile. Quante volte, spesso al telefono, perché ero lontano, ti ho chiesto se ti andasse bene tutto questo. Mi hai sempre spinto a proseguire nella mia professione, e all’inizio mi andava bene, perché potevamo raccogliere somme sufficienti per restaurare Saint Jeanne, ma ora non c’è più questa necessità.» «Ti costringo a fare veri e propri tour de force. Ogni volta che hai qualche giorno libero ti precipiti qui, come se avessi paura che restare lontano ti renda diverso ai miei occhi o a quelli degli altri abitanti del villaggio. Te lo dirò un’altra volta…» Maxime fece una lunga pausa, posando l’indice sulla fronte del ragazzo. «Hai reso tutti noi felici, ci hai dato un futuro che possiamo toccare con mano, ti sei innamorato di uno che passava gran parte del suo tempo da solo a scolpire in una casa in mezzo ai boschi e lo hai reso l’uomo più felice del mondo. Ora perché non lasci che un po’ di questa felicità che hai trasmesso agli altri ti avvolga e ti faccia sentire davvero accettato?» René deglutì a fatica. Quante volte in quell’ultimo anno aveva cercato di ammettere a sé stesso che non voleva indurre Maxime a vivere in un mondo che sapeva non appartenergli. La vita di uno dei modelli più famosi e richiesti di Francia, con tutto quello che ne conseguiva, era qualcosa che voleva risparmiargli. Ma ora quel passo, a lungo ponderato, poteva cambiare le cose. «Sei sempre convinto di voler annunciare il nostro fidanzamento?», chiese al giovane intagliatore. Una domanda che ottenne in risposta un bacio sulle labbra. Maxime accarezzò il volto di René, sentendosi trasportato dall’inesauribile magia scatenata da quegli occhi gentili, vero specchio della sua anima. Uno specchio che non esitava a mostrarsi sempre limpido quando si trattava del loro rapporto. «Voglio che tutti vedano quanto siamo felici, e immagino anche che molti mi invidieranno. Ebbene, non posso dargli torto!», rise Maxime, rimettendo in moto il fuoristrada. «Se non ti conoscessi bene…», osservò perplesso René. «Ho come l’impressione di essere un trofeo da esibire. O mi sbaglio?» Maxime allungò il braccio, trascinando il ragazzo contro di sé. «Ecco, vedi, ci vuole davvero poco per far venire alla luce le tue splendide contraddizioni: un momento prima fai il timido e l’impacciato, cosa che peraltro mi sorprende visto il lavoro che fai, e poi arricci il naso e fai il sostenuto.» René non volle replicare. Si sentiva semplicemente bene, stretto al braccio di Maxime. Il profumo dei suoi abiti e della sua pelle lo accompagnava verso quella parte di mondo nella quale poteva sentirsi davvero libero, senza preoccuparsi che ogni sua parola e ogni suo gesto potessero generare commenti o pettegolezzi
Autore: Cristiano Pedrini Genere: Narrativa Formato cartaceo 14×21 Formato ebook: epub/mobi e pdf Pagine 318 Pubblicato con Youcanprint ISBN: prossimamente Prezzo di copertina: Ebook € 2,99 Cartaceo: € prossimamente
La vita di Christopher a Washington, accanto al Presidente degli Stati Uniti prosegue tra impegni e viaggi di Stato. Ma agli occhi del giovane First Boy vi sono molte sfide che si intravedono all’orizzonte. La prima è la ricandidatura alla presidenza di Lawrence. La campagna elettorale sarà difficile, molti si sentiranno in dovere di mettere in discussione il loro rapporto, di porre l’attenzione sull’influenza che il ragazzo sembra esercitare su Lawrence, tanto da costringere Christopher a fargli promettere di non perdere tempo a commentare voci e illazioni che presto o tardi giungeranno. La scelta del nuovo Vice Presidente, una crisi umanitaria dall’altro capo del pianeta e i mille risvolti della campagna elettorale metteranno a dura prova l’amore che li lega. Ma ancora una volta, Lawrence comprenderà che quanto di più prezioso possiede non è l’immenso potere che rappresenta la sua carica, ma la presenza di quel ragazzo e per lui è pronto a rinunciare a tutto. La cosa migliore riguardo al futuro è che arriva solo un giorno alla volta Abraham Lincoln
Estratto dal Capitolo Primo «Okay, ammetto che i film di Spielberg sono davvero ben fatti, ma io ho altri gusti», commentò Elisabeth affiancando Christopher, osservandosi attorno, assicurandosi che gli altri agenti della scorta fossero ai loro posti, precedendoli come i protocolli imponevano. «Quindi non accetti il mio invito alla mia maratona di Jurassic Park?» sospirò il ragazzo posando la mano sulla tracolla dello zainetto che portava a spalla. «Passare una intera serata a fissare lucertole troppo cresciute? No grazie, perché non chiedi al Presidente di farti compagnia?» «Ha già visto tre volte tutti i film…» «Tre volte? Anche un santo avrebbe da ridire su questa tua ossessione.» Christopher si fermò di colpo, costringendo la donna a fare altrettanto. Osservò il sorrisetto malizioso comparso sul volto scarno del ragazzo, inducendola a puntare l’indice contro il suo petto. «Non provarci!» «Perché no? Potrei sempre chiedere la tua presenza per questioni di sicurezza!» «Scusa, ma da cosa dovrei proteggerti? Da un Velociraptor che potrebbe sbucare dallo schermo tv e fare un solo boccone di questo visino?» gli chiese strizzandogli la guancia. «Potrebbe accadere», replicò Christopher riprendendo il suo cammino, lungo il grande atrio dell’aeroporto. «Sai, dopo essermi sorbita per tutto il volo i tuoi aneddoti su quei film vorrei evitarmi altre torture del genere.» L’agente della scorta lo oltrepassò, anticipandolo e uscendo all’esterno, fermandosi dinnanzi a una delle limousine presidenziali. Aprì lo sportello posteriore annuendogli. «Quindi mi vedo costretta a rinunciare al tuo invito.» Christopher sospirò profondamente immaginandosi di dover passare la serata solo soletto con la sua collezione di dvd. Si guardò attorno prima di salire in auto quando notò una donna anziana che a pochi metri frugava convulsamente nella sua borsetta di lana, alternando lo sguardo al trolley posato davanti ai suoi piedi. Lentamente gli si avvicinò, incurante dei richiami di Elisabeth, fermandosi accanto a lei, accorgendosi solo in quel momento che era di bassa statura, forse arrivava al metro e mezzo, nonostante le scarpe con il tacco che indossava. «C’è qualcosa che non va?» gli chiese. «Oh, che intuito. E poi dicono che i ragazzi di oggi non sono svegli», annuì la donna richiudendo la borsa. «Credevo di avere ancora qualche dollaro per un taxi ma evidentemente mi sbagliavo. Per la verità non trovo neppure più il portamonete, forse devo averlo chiuso nella valigia.» «Ah, capisco», osservò Christopher cingendo le mani dietro la schiena. «E perché avrebbe dovuto lasciarlo là dentro?» «Perché negli aeroporti ci sono molti furti. Quindi prima della partenza l’ho messo al sicuro.» «Beh, allora ora può aprirla e prenderlo», replicò il ragazzo indicandola. «Lo farei volentieri ma ho dimenticato la combinazione. Alla mia età è già tanto che mi ricordi dove abito.» Quella risposta ironica venne accompagnata dal lento movimento delle piccole mani della donna che si tolse gli occhiali tondi, con una vistosa montatura viola, ripulendole con il fazzoletto. «E si ricorda dove vive spero…» «Credo di sì, a George Town, o almeno credo.» Christopher sollevò il trolley indicando la limousine, sfidando l’espressione perplessa di Elisabeth. «Bene, allora le posso dare un passaggio.» «Con quella?» domandò la donna senza mostrarsi sorpresa. «Chissà quanti litri di benzina consuma quel mostro ogni chilometro.» «Molti, ma purtroppo non mi permettono di farne a meno.» «Certo, non sarebbe molto pratico per il First Boy andare in giro a piedi.» Il giovane posò il trolley all’interno dell’abitacolo della vettura, invitando la sua ospite ad accomodarsi, offerta che accolse sedendosi sul grande sedile di pelle. «Ci hai trasformato in un taxi? Oltre ad aver infranto non so quanti regolamenti di sicurezza», sussurrò Elisabeth a denti stretti. «Ma tu non farai la spia, vero?» si sentì replicare, fissando quello sguardo da innocentino che Christopher sapeva sfoggiare con abile maestria. «Sali, prima che ti prenda sulle ginocchia e ti sculacci per bene.» Quella battuta si infranse sul volto smarrito del ragazzo. «Che cosa c’è ora?» «Chi ti ha detto che mi piace lo spanking? Voglio dire, dovrebbe saperlo solo Lawrence e…» A Elisabeth bastò una frazione di secondo per accorgersi che la stava prendendo in giro. Sollevò lo sguardo al cielo prima di battere la mano sul tetto della vettura. «Se non sali ci sarà qualcos’altro di rosso oltre ai tuoi capelli.» «Ti riferisci forse a…» «Esatto, al tuo sederino e non mi importa se la consideri una minaccia perché lo è!» Christopher annuì, trattenendo a stento un sorriso. Si accomodò accanto alla donna e attese che lo sportello si chiudesse. Vide il suo capo della scorta sedersi accanto all’autista e pochi attimi dopo l’auto si mise in moto allontanandosi dal terminal. Il ragazzo allungò la mano verso il suo ospite. «Beh, visto che lei già mi conosce, molto piacere signora…» «Mi chiamo Catherine e sono davvero lieta di conoscerti», rispose stringendogliela. «Lo so, avrai pensato, visto il mio tono e le mie battute, che non mi facesse piacere accettare il tuo invito, ma in realtà ho dovuto trattenermi perché avrei dovuto abbracciarti. Assomigli molto a uno dei miei nipoti. Lavora in uno studio legale qui a Washington.» «Davvero? E perché non è venuto a prenderla all’aeroporto?» Catherine osservò distrattamente il finestrino, scrutando il panorama. «Non volevo disturbarlo, è sempre molto impegnato.» «E come si chiama?» «Devon, ha ventisette anni, e ogni domenica viene a pranzo da me per gustarsi il mio insuperabile polpettone.» «Adoro il polpettone. Oltre a essere una brava cuoca cosa fa di bello?» La donna si rivolse verso Christopher fissandolo divertita. «Se quello era un autoinvito, sei il benvenuto. Mi ero fatta l’idea che tu fossi un ragazzino molto curioso, non mi ero affatto sbagliata.» «Beh, a parte essere apostrofato come ragazzino, in realtà ha ragione. Sa come dicono, la curiosità è la porta della conoscenza.» «Sono una vecchia insegnante in pensione, ho una casetta in cui vivo da oltre trent’anni, frequento un club della lettura e dirigo un rifugio per animali bisognosi.» «Un rifugio? E cosa ospita?» «Gatti, per la maggior parte sono abbandonati, insieme ad alcune amiche ho creato uno spazio per loro nel retro del mio cortile. Ne abbiamo una trentina.» «È molto lodevole da parte sua. Sa, io non ho mai avuto un gatto.» «Alla Casa Bianca non avete animali?» «Per la verità no, io e Lawrence non ci abbiamo mai pensato.» Catherine incrociò le dita delle mani, osservandosele. «Potreste adottare uno dei miei trovatelli. Sarebbe un gesto molto gentile e magari lanciare un messaggio per invitare molte altre persone a fare lo stesso. Potreste visitare il mio rifugio, farvi accompagnare da qualche deputato o Senatore amante degli animali e con giornalisti al seguito e…» Christopher si voltò sollevando le mani in segno di resa. «Scusi, ma lei non è una stratega politica in incognito? Dovrebbero assumerla al Congresso!» «Entrare in quel covo di fannulloni? No grazie…»